Passeggiando per via Nomentana, tra clacson e rumori della metropoli romana, lo sguardo si posa su alcune persone che comunicano attraverso le mani; siamo al civico 56. Varcando la soglia dell’edificio si ha la sensazione di entrare in un altro mondo, dove il frastuono si fa silenzio e le parole diventano segni.
Siamo all’Istituto Statale per Sordi di Roma (ISSR), palazzo storico della città che dal 1889 ospita la scuola fondata più di un secolo prima dall’abate Tommaso Silvestri. Fu proprio Silvestri, dopo un viaggio di formazione a Parigi presso l’abate Charles-Michel de l’Épée finanziato dall’avvocato Pasquale Di Pietro, a fondare nel 1784, nella casa di quest’ultimo, la prima “scuola per sordomuti” della penisola con otto allievi.
Nel corso del tempo, la scuola ha subito diversi spostamenti fino a trovare, alla fine dell’Ottocento, la sua sede definitiva nell’attuale edificio in via Nomentana, capace di accogliere fino a 300 studenti. Oggi l’Istituto è diventato un centro di riferimento nazionale e internazionale sulla sordità e sulla formazione, punto di incontro e presidio culturale per la comunità sorda.
A raccontarci questa lunga storia è il responsabile bibliotecario della Biblioteca Storica, all’interno delle sale affrescate dell’ex cappella al primo piano. Circondato da libri, e foto d’epoca, ci parla delle origini della biblioteca, che si intrecciano con quelle dell’Istituto stesso.
Tenere tra le mani il delicato testo dell’abate de l’Épée, maestro di Silvestri, “Institution des sourds et muets, par la voie des signes méthodiques” del 1776, è un’emozione profonda per chiunque entri in contatto con la lingua dei segni. Si tratta dell’opera più antica conservata nella Biblioteca, in cui l’autore esponeva il suo metodo per insegnare alle persone sorde a leggere, scrivere e parlare, anche attraverso i segni.
Nell’archivio della Biblioteca è conservato anche il prezioso manoscritto di Tommaso Silvestri del 1785 "Della maniera di pronunziare ossia l'arte di istruire e far parlare i sordi e muti di nascita” in cui l’abate illustra il suo metodo di insegnamento che integrava all'uso della mimica e della scrittura, quello della lingua parlata. Fin dalla fine del Settecento e per tutto l’Ottocento, il patrimonio librario ha continuato a crescere parallelamente all’espansione dell’Istituto: da otto alunni della scuola nel 1784 si è arrivati a circa trecento in Istituto nel 1965.
Oggi la Biblioteca Storica conserva oltre 4.000 opere, che spaziano dall’educazione dei sordi alla psicologia, dagli studi linguistici alle lingue dei segni, con particolare attenzione alla lingua dei segni italiana (LIS).
Nel tempo, al nucleo originario del patrimonio librario si sono aggiunti importanti fondi pubblici e privati, tra cui: il Fondo ISTC-CNR, il Fondo Cristina Caselli, il Fondo Daniela Fabbretti, il Fondo Renato Pigliacampo, il Fondo Elena Pizzuto e il Fondo Virginia Volterra.
Proprio quest’ultima, illustre ricercatrice, ha sottolineato il valore inestimabile della Biblioteca, definendola custode di opere «uniche nel panorama nazionale e internazionale. Non solo volumi sull’educazione delle persone sorde, scritti da autori sordi e udenti tra la fine del Settecento e l’Ottocento, ma anche testi della seconda metà del Novecento sulle lingue dei segni e sulla cultura sorda». «Si tratta di un patrimonio che va curato, mantenuto e reso disponibile agli studiosi interessati. Mi auguro che i ministeri competenti lo tengano presente e forniscano in futuro sovvenzioni adeguate», conclude Volterra.
Con questo augurio, invitiamo i nostri lettori a visitare questo luogo preziosissimo, dove è offerto un servizio di orientamento, guida e assistenza in LIS. Qui potrete incontrare personale specializzato che vi accompagnerà alla scoperta di una storia che continua a vivere tra le pagine di un patrimonio culturale unico.
Articolo a cura di Valentina Ponticelli,
interprete VEASYT italiano-LIS
Guarda la traduzione in lingua dei segni italiana (LIS) del seguente articolo a cura dell'interprete VEASYT Laura Fedeli:
